giovedì 18 marzo 2010

In the kitchen



E' da poco uscito in libreria ed ovviamente ho trovato il titolo
accattivante:"In the kitchen" di Monica Ali (Ed.Il Saggiatore).
In realtà la lettura, all'inizio, è risultata faticosa, ho avuto
difficoltà di concentrazione e a collegare personaggi,
nomi e ambientazione.Ho avuto la tentazione di  interrompere
la lettura dopo 50 pagine. Poi però essendo testarda ed essendo
il libro lungo quasi 600 pagine, mi sono legata alla sedia
come l'Alfieri e piano piano sono entrata nella storia.
Se dovessi dire che è uno dei migliori libri che ho letto
mentirei, ma con uno sguardo più approfondito offre spunti
di riflessione importanti.
Veniamo alla trama.Ci troviamo a Londra, zona Piccadilly,
nella cucina dell'Imperial Hotel dove capo indiscusso è lo
chef Gabriel Lightfood.
La cucina di Gabriel è un porto di mare, un crogiuolo di
culture, i suoi collaboratori appartengono a tutte le razze
del mondo. La cucina quindi diventa specchio della
società dove avvengono momenti di integrazione e momenti
di forte tensione .
Lo chef  Gabriel difende sempre la sua cucina e il concetto
di multietnicità.
Purtroppo nei sotteranei dell'hotel viene trovato il cadavere
di un garzone ucraino e lo chef s'imbatte in Lena, una ragazza
bielorussa misteriosamente legata alla morte dell'uomo.
Nonostante il delitto questo romanzo non è un giallo, anzi è un
indagine della vita pubblica e privata dello chef Gabe.
Nel libro vengono scandagliati il rapporto con
Charlie(la fidanzata che vuole sposarsi), con il padre malato
Ted, con la nonna Nana e con la sorella Jenny.
L'elemento più interessante è l'analisi dell'animo inquieto di Gabe,
cuoco di successo che  ha momentaneamente perso
il suo equilibrio psichico, mosso da sospetti su
alcuni personaggi, come il maitre, che ha affari molto
loschi o da dubbi sulla propria capacità di realizzare il
sogno di aprire un ristorante tutto suo.
Il melting pot che troviamo nella cucina di Gabe è quello
che viviamo tutti, nelle nostre città e, spesso, il confronto
con il diverso ci mette immancabilmente davanti allo specchio
con la nostra immagine riflessa.
Di sicuro l'integrazione non è facile e spesso è solo la
disperazione ad accomunarci tutti.
Per Gabriel la crisi esistenziale è un occasione per
riportare alla mente il perchè di tutte le sue scelte, i ricordi più
cari dell'infanzia e le persone più importanti.
In questo libro si parla certo di cucina, vengono descritte alcune
preparazioni, si entra nel vivo del lavoro di un ristorante
e si intuiscono le molte responsabilità e lo stress di uno chef
professionista, ma è giusto sottolineare che l'ambientazione è
solo un pretesto per raccontare un'altra realtà sociale.
Sono contenta di aver superato il blocco iniziale, un libro
rappresenta sempre un 'occasione ...Buona lettura
e fatemi sapere cosa ne pensate!

giovedì 11 marzo 2010

L'Ombra del Cuoco

Valerio M.Visintin nel suo libro"L'ombra del
Cuoco"-Indagine involontaria di un cronista
gastronomico-(Terre di Mezzo editore)
scrive straordinariamente bene, lo stile è tutto
personale, l'italiano forbito e piacevolissimo
da leggere.
La trama è un giallo il cui protagonista, Leo Lombardi ,
è un critico gastronomico di un importante quotidiano
milanese.In un'uggiosa giornata autunnale, Lombardi
scrive un articolo che stronca il ristorante "Gli orti" e
il suo chef, Lorini.
Con l'uscita dell'articolo, lo chef sparisce dalla
circolazione, risulta introvabile.
Spanò, il caporedattore, costringe Lombardi ad
indagare sulla strana scomparsa.
Lombardi si fa convincere mosso anche dal
senso di colpa.
Comincia "l'indagine involontaria".
L'impresa investigativa è supportata  da Maurizio,
amico e collega cocainomane, da Moroni un vecchio
professore amico del padre di Lombardi e da
Charles Pibodi, ex commercialista di Lorini.
Il libro è infarcito di e-mail mai spedite da Lombardi
all' ex  fidanzata Cecilia, che si trova a Parigi,
di cui è ancora follemente innamorato.
Il giallo ha aspetti buffi perchè il protagonista
risucchiato dall'indagine e dalle pressioni
dei suoi "assistenti"diventa un mezzo barbone
che coi vestiti perennemente neri, ma strappati ,
affronta lunghe e gelide nottate insonni, bevendo
e fumando.
Le peripezie, l'aspetto disastrato, la psiche scossa
lo rendono simpatico ed un investigatore sui generis.
L'aspetto culinario del libro è incentrato sui ristoranti,
sul lavoro del critico gastronomico,(che reputo
uno dei mestieri più belli del mondo)che in
incognito o no, mangia, beve, giudica e viene pure
pagato!
Ogni tanto propongo qualche noir perchè è diventato
sempre più frequente che gli scrittori associno cibo
e "delitti", forse per unire due forti passioni
nei lettori contemporanei. Questo libro di 225 pagine
è godibilissimo nella trama, ma io lo segnalo soprattutto
per l'impeccabile stile di scrittura.

Io aspetto i vostri commenti e buona lettura!

lunedì 8 marzo 2010

L'ultimo chef cinese


Leggere "L'ultimo chef cinese "di Nicole Mones(ed.Neri Pozza)
è come fare un viaggio, un bellissimo viaggio in Cina scoprendone
la cultura, le tradizioni e la cucina.
Come pretesto per raccontare il frutto di anni e anni di studi sulla
cultura cinese, la Mones intesse la trama di un romanzo, la cui
protagonista è Maggie, critica gastronomica americana.
Maggie, da quando ha perso il marito Matt in un
incidente, vive in barca in uno stato di perenne precarietà.
Un giorno il collaboratore del marito le comunica che,
a Pechino, una donna cinese sostiene che Matt è il
padre della sua bambina. Maggie è in preda al panico e
le crolla il mondo addosso.
Contemporaneamente la rivista per cui lavora le propone di andare
a Pechino per intervistare un famoso giovane cuoco, Sam Lliang.
Ormai è imperativo per Maggie recarsi a Pechino e affrontare problemi
e paure.Non posso svelarvi tutta la trama, ma almeno anticiparvi,
che c'è posto anche per una storia d'amore.
Io ho trovato questo libro bellissimo, ogni capitolo è preceduto da uno
stralcio del testo antico (ma inventato),"L'ultimo chef cinese".
In ogni riga sembra di apprendere perle di saggezza, si sprofonda
in un atmosfera densa di simboli e di significati  e la cucina è
descritta con grande maestria. Le parole e i gesti di Sam
Lliang sembrano discendere direttamente dagli imperatori, da
una civiltà antica, quasi scomparsa e tramandata da pochi.
Sam Lliang, mentre con gesti veloci ma precisi
prepara il grande banchetto, spiega le caratteristiche
principali della cucina cinese che nulla hanno a
che fare con i piatti cinesi che si consumano in Europa e in
America.La cucina cinese ha precisi canoni di sapore e consistenza,
è caratterizzata dall'articificio, dall'illusione, dalla teatralità,
infatti molti piatti arrivano in tavola sembrando una cosa invece
sono un' altra. Altro aspetto è quello curativo:
si usa  il cibo per tenersi in salute, ogni pietanza ha una
finalità medicinale, ogni ingrediente ha certe proprietà -caldo,
freddo, asciutto, bagnato, agro, piccante, amaro, dolce etc..
Molti squilibri sono causati da uno sbilanciamento di
queste proprietà. L'ultima caratteristica, ma la più più importante
di tutte è  la comunità, perchè ogni pasto consumato in Cina
è un momento di condivisione. Penso che concluderò
questo post con l'inizio del libro."Gli allievi mi chiedono:
Come si raggiungono le vette dell'arte culinaria?
Con gli ingredienti più freschi, i sapori più ricchi?
Con i piatti rustici o quelli raffinati?Con niente del genere.
La vetta non si raggiunge  mangiando, nè cucinando, ma
solo offrendo e condividendo il cibo.
Le pietanze migliori non dovrebbero mai essere
consumate in solitudine.Che piacere può provare un uomo
nel cucinare, se poi non invita i suoi amici più cari
e non conta i giorni che mancano al banchetto
e non compone una poesia  che accompagni la lettera di invito?"

lunedì 1 marzo 2010

Spaghetti e delitti


Oggi ho deciso di proporvi qualcosa di un pò diverso:un giallo trasversalmente
legato al cibo.
L'autore Roby Paglianti(poliziotto e scrittore)caratterizza, nel suo "Spaghetti
e delitti"(Editrice Laurum), un ispettore burbero e collerico,amante
della buona tavola e della sua Viareggio, città famosa per il carnevale
e le splendide spiagge.
L'ispettore Cosimo Arrighi è alle prese con un caso intricato, l'omicidio di un
certo Cosentini, uomo vizioso, dalla vita dissoluta e dal matrimonio anomalo.
L'ispettore, iniziate le indagini, si muove sulla sua Talbot color panna  alla ricerca
di indizi e interrogando sospettati.
L'indagine seguirà il suo corso e non rovinerò la suspence anticipando
i colpi di scena che fanno di questo un discreto noir.
I tratti del testo su cui vorrei soffermarmi sono le incursioni  dell'ispettore,
con il fidato collaboratore Tony, nei ristoranti e trattorie della zona.
Le scorpacciate di pesce sono descritte con minuzia e procurano, al lettore
buongustaio, crampi per la fame .
Ci si arrende di fronte ai "bocconcini di mare, alle bavette alle aragostelle
con pomodoro, panna e una spruzzata di prezzemolo, agli spiedini  di sogliola 
impanati e passati al forno, unitamente a dei bocconcini di pane, il tutto
contornato da una composizione  di riso zafferano, adagiato sul piatto come
un medaglione e ornato da piccoli pomodorini  a ciliegia e alcune foglie di
menta"o allo "spaghettino con sugo di cicale  e prezzemolo  che aveva dentro
di sè tutto il sapore del mediterraneo e le acciughe fritte che esaltavano il gusto
del fresco vinello."
Ad essere sincera questo ispettore Arrighi mi ricorda molto il comissario
Montalbano di A.Camilleri, a cui dedicherò un post in futuro.
Anche Montalbano ha un carattere scontroso, prova un amore viscerale
 per la sua Sicilia  e il buon cibo.
A parte la somiglianza, credo che Paglianti sia riuscito a fare un buon lavoro
grazie ad una trama investigativa realistica, ben congegnata e ad una discreta
caratterizzazione dei personaggi.
Di sicuro con la descrizione delle spiagge, del porto, della profumata pineta,
del buon cibo, dell'aria buona ,viene voglia di andarsene a Viareggio,
possibilmente tenendosi alla larga dall'ispettore Arrighi e dagli omicidi!