E' da poco uscito in libreria ed ovviamente ho trovato il titolo
accattivante:"In the kitchen" di Monica Ali (Ed.Il Saggiatore).
In realtà la lettura, all'inizio, è risultata faticosa, ho avuto
difficoltà di concentrazione e a collegare personaggi,
nomi e ambientazione.Ho avuto la tentazione di interrompere
la lettura dopo 50 pagine. Poi però essendo testarda ed essendo
il libro lungo quasi 600 pagine, mi sono legata alla sedia
come l'Alfieri e piano piano sono entrata nella storia.
Se dovessi dire che è uno dei migliori libri che ho letto
mentirei, ma con uno sguardo più approfondito offre spunti
di riflessione importanti.
Veniamo alla trama.Ci troviamo a Londra, zona Piccadilly,
nella cucina dell'Imperial Hotel dove capo indiscusso è lo
chef Gabriel Lightfood.
La cucina di Gabriel è un porto di mare, un crogiuolo di
culture, i suoi collaboratori appartengono a tutte le razze
del mondo. La cucina quindi diventa specchio della
società dove avvengono momenti di integrazione e momenti
di forte tensione .
Lo chef Gabriel difende sempre la sua cucina e il concetto
di multietnicità.
Purtroppo nei sotteranei dell'hotel viene trovato il cadavere
di un garzone ucraino e lo chef s'imbatte in Lena, una ragazza
bielorussa misteriosamente legata alla morte dell'uomo.
Nonostante il delitto questo romanzo non è un giallo, anzi è un
indagine della vita pubblica e privata dello chef Gabe.
Nel libro vengono scandagliati il rapporto con
Charlie(la fidanzata che vuole sposarsi), con il padre malato
Ted, con la nonna Nana e con la sorella Jenny.
L'elemento più interessante è l'analisi dell'animo inquieto di Gabe,
cuoco di successo che ha momentaneamente perso
il suo equilibrio psichico, mosso da sospetti su
alcuni personaggi, come il maitre, che ha affari molto
loschi o da dubbi sulla propria capacità di realizzare il
sogno di aprire un ristorante tutto suo.
Il melting pot che troviamo nella cucina di Gabe è quello
che viviamo tutti, nelle nostre città e, spesso, il confronto
con il diverso ci mette immancabilmente davanti allo specchio
con la nostra immagine riflessa.
Di sicuro l'integrazione non è facile e spesso è solo la
disperazione ad accomunarci tutti.
Per Gabriel la crisi esistenziale è un occasione per
riportare alla mente il perchè di tutte le sue scelte, i ricordi più
cari dell'infanzia e le persone più importanti.
In questo libro si parla certo di cucina, vengono descritte alcune
preparazioni, si entra nel vivo del lavoro di un ristorante
e si intuiscono le molte responsabilità e lo stress di uno chef
professionista, ma è giusto sottolineare che l'ambientazione è
solo un pretesto per raccontare un'altra realtà sociale.
Sono contenta di aver superato il blocco iniziale, un libro
rappresenta sempre un 'occasione ...Buona lettura
e fatemi sapere cosa ne pensate!